Quando il marmo prende vita: le creazioni di Fabio Viale

Se, passeggiando nel centro di Como, vi imbattete accidentalmente in sculture marmoree tatuate, non crediate di trovarvi di fronte a un atto vandalico di Ultima Generazione, ma al provocatorio prodotto artistico del cuneese Fabio Viale, classe 1975, in mostra fino a fine agosto. Le sue opere replicano fedelmente le statue in marmo di anonimi greci e latini o di scultori come Canova e Michelangelo, nelle quali fa penetrare inchiostro nero e pigmenti colorati proprio come si trattasse di un vero tatuaggio. Il contrasto tra tradizione e innovazione, sacro e profano, statuaria classica e body painting produce un cortocircuito visivo, temporale e semantico, un atto provocatorio al quale si giunge solo sperimentando con maestria le infinite possibilità della materia.

Con il suo gesto volutamente disturbante Viale desacralizza il classico e crea una dicotomia tra purezza del marmo e tatuaggio che, nell’immaginario culturale stereotipato, è spesso associato ad anticonformismo, criminalità e trasgressività. Pur tuttavia, l’esito finale è un magistrale dialogo tra le arti. La dicotomia apparentemente stridente mette in relazione culture millenarie come, ad esempio, la statuaria greca, romana e rinascimentale con l’estetica polinesiana della cultura Maori. L’arte del tatuaggio, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, ha infatti una tradizione antichissima: le più antiche evidenze risalgono a circa 5.300 anni fa e sono state scoperte sul corpo di Ötzi, l’Uomo del Similaun, una mummia ritrovata al confine tra Austria e Italia nel 1991, che presenta oltre 60 tatuaggi realizzati sfregando il carbone su incisioni della cute. Questa pratica si sviluppò successivamente nell’antico Egitto come arte funeraria e a Roma, dove gli schiavi e i criminali venivano marchiati. Ecco che due sfere temporali e geografiche all’apparenza distanti come i marmi classici e i tatuaggi pop si incontrano, aprendo varchi riflessivi che solo un attimo prima sembravano impenetrabili.

Tra le creazioni più emblematiche di Viale spicca la “Venere Italica”, copia identica di quella del Canova, considerata una delle più celebri rappresentazioni della bellezza femminile nella storia dell’arte. L’artista, con il suo acuto senso di sperimentazione, riprende questa icona classica e la reinterpreta, imprimendo su gran parte del corpo fiori di ciliegio e motivi ornamentali appartenenti al linguaggio della Yazuka, un’organizzazione criminale tradizionale giapponese.

Della stessa serie fanno parte anche il “Torso Belvedere”, statua mutila del I secolo

a.C. conservata nei Musei Vaticani, e “Laocoonte”, che nell’originale gruppo scultoreo comprendeva anche i due figli stritolati dai serpenti marini inviati dagli dèi, entrambe percorse da tatuaggi policromi giapponesi.

La poetica concettuale di Viale è ben sintetizzata anche in altre opere, come “Door Release”, mano di due metri con tatuaggi della mafia russa che riproduce quella appartenente al colosso Costantino, “Lorica”, la corazza indossata dai soldati romani realizzata in marmo rosa scansionando con la fotogrammetria il torso nudo del cantante Fedez e a cui è stata aggiunta in un secondo tempo la riproduzione dei suoi tatuaggi, “Amore e Psiche”, che reinterpreta il capolavoro neoclassico arricchendo il corpo di Psiche con motivi nuziali delle spose mediorientali, così da stimolare una riflessione sulla condizione della donna a seguito della presa del potere dei talebani nel 2021 in Afghanistan.

La scultura più rappresentativa di Viale, per sua stessa ammissione, è “Ahgalla”, barca interamente in marmo che sfida le leggi della natura galleggiando sull’acqua e trasportando persone con l’ausilio di un motore fuoribordo: “L’idea di questo lavoro è nata dalla definizione di marmo sull’enciclopedia: la sedimentazione sul fondo del mare di centinaia di tonnellate di conchiglie. Quindi presi una conchiglia, provai a metterla nel lavandino a galleggiare e mi resi conto che lo faceva. Feci una copia identica (più grande di 30 cm) e feci poi l’esperimento. Allora mi resi conto che il marmo aveva anche questa caratteristica e quindi pensai di realizzare una barca in marmo in grado di galleggiare. Ahgalla mi fece capire che è possibile andare oltre i preconcetti che abbiamo delle cose. È l’opera che meglio mi rappresenta”.

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